19 novembre 2007

Zenigma


[immagine tratta da Zenigma]
Documentario di Antonello Longo, regista messinese, su un quartiere di Palermo.
Zen
la nostra: Zona Espansione Nord.




è strana la mia vita qui a Roma, se avessi avuto la possibilità di vedere questa proiezione a Palermo, magari anche più vicino casa... molto probabilmente non sarei andata.
qui, ovunque siano gli eventi mi muovo, e soprattutto se parlano di "casa".

Meglio così però, perché il documentario è un lavoro molto interessante sulla storia della costruzione di questo quartiere ghetto e sulla natura delle periferie di Palermo.
Cade, purtroppo, alla fine, nella trappola palermitana del buonismo un pò scontato: non siamo come ci descrivono, allo zen vivono persone sensibili e oneste...
e va beh, almeno qualcuno si è impegnato a guardare un pò più da vicino a questa realtà sfuggente.

La necessità del nuovo quartiere nella periferia palermitana nasce dopo il terremoto del '68, che fu definito dalla gente che perse la casa il "terremoto dei poveri", perché crollarono solo le case che non erano in cemento armato, le più povere appunto.
Il comune decise di mandare queste persone senza tetto in dei prefabbricati nell'attesta di destinarli a miglior sistemazione.
Sono gli anni del boom edilizio di Ciancimino, ed il progetto della costruzione di un nuovo quartiere è affidato a Vittorio Gregotti che spiega nel documentario la sottile filosofia con cui ha progettato il suo quartiere "perfetto", così osa definire lo zen...il maestro.
Spiega che il progetto prevede case vicine, balconi che quasi si toccano, vicoli stretti e bui per ricreare l'atmosfera dei vicoletti del centro di Palermo, da cui proveniva questa gente.
Il tutto rinchiuso in un cubo che non ha legami con la steppa intorno...che lui descrive come "paradiso di aranceti"...
(a volte c'è della poesia nelle parole degli uomini che riesce ad annebbiare la realtà...ma mi spiace, lo zen non si può descrivere così...santo cielo!)

Insomma le case sono talmente vicine che non esiste privacy per nessuno, cosa che indispone i vicini, i vicoli sono così bui che è impossibile controllarli da fuori, mentre è fin troppo facile spacciare e drogarsi da dentro... come è anche semplice nascondersi se si è latitanti.
Tutto intorno è desolazione e nient'altro.

Gli architetti rimproverano la mancata ultimazione del progetto che prevedeva anche servizi e attrezzature sportive.
La storia è stata che appena le case sono stata ultimate, la gente stanca dei container è andata ad occupare tutto quello che era abitabile e...l'amministrazione era quella che dicevo prima, per cui figuriamoci...

Palermo è sempre Palermo, è sempre colpa di qualcun altro.
è questo è anche un po' il messaggio che passa alla fine del documentario...
non è che lo zen è brutto, è che lo dipingono così.
Temo che il valente regista si sia fatto abbindolare un po' dal bisogno di commiserazione tipico del palermitano. Con noi ci vuole un po' più di cinismo, come diceva bene un antropologo che ha commentato il documentario.
Ma forse era questo l'unico modo per avvicinare la gente che "fa" lo zen, ed era questo l'unico finale che ci si poteva aspettare... forse ci vuole un po' di ottimismo a Palermo.
Io non so più cosa ci voglia per capire Palermo, più mi ci allontano più mi sento chiamata, e più le sfuggo più mi sento in colpa.
La Sicilia è proprio come la descriveva Lara Cardella, è una madre matrigna, che ti alleva, ti fa crescere sano e forte, ma poi non vuole più lasciarti, non vuole perderti pur non potendo offrirti nulla di più... non pensa al tuo bene, ma solo al suo.