15 febbraio 2012

Lo scaffale del precario

Mi piacerebbe poter interagire una volta con un ministro e porre qualche domanda per vedere la reazione.
Ma non so proprio come dare voce a questi miei desideri...
Mi piacerebbe chiedere, per esempio, se un ministro ha mai visto lo scaffale di un precario e cosa ne pensa.
Cosa penserebbe un ministro, di quelli che hanno detto tante sciocchezze anche umilianti sui precari del nostro tempo, a guardare lo scaffale di un precario?
Un precario cambia spesso casa/camera, almeno ogni paio d’anni, vuoi perché trova lavoro in città diverse, vuoi perché trova lavoro in punti opposti della città, vuoi perché lo sfrattano sempre o non arriva a pagare l’affitto...



Però il precario ha sempre uno scaffale con qualche libro, e tra qualche libro c’è sempre un manuale.
Come se la spiegherebbe un ministro la presenza di un manuale di letteratura francese medievale sullo scaffale di una maestra/precaria elementare? O manuali di linguistica romanza, o microfilm di codici del ‘300 sullo scaffale di un’insegnante di doposcuola, o manuali di archeologia sugli scaffali di impiegate a tempo nei call center o di commesse? E i manuali di letteratura italiana sugli scaffali dei camerieri dei bar... del pigneto?
Perché un precario che deve affrontare spostamenti continui e che ad ogni trasloco maledice ogni oggetto che deve sollevare, si porta dietro certi manuali?

Perché sono i libri della tesi.
La tesi di laurea, o peggio la tesi di dottorato: l’ultima impresa titanica che hai affrontato prima di entrare nel mondo del lavoro, quella che ti ha tolto un anno di vita sociale-vacanze-fine settimana, quella che ti ha fatto dimagrire (miracolosamente!) di 10 kg, il tuo primo pensiero alla mattina ed il tuo ultimo prima di andare a dormire, quando riuscivi ad andarci...
Quella che hai scritto con passione ma anche con fatica, e che sei riuscito a mettere in piedi perché hai accumulato 5-7 anni di esami e di riflessioni, con cui hai scelto un metodo da seguire per analizzare i dati che  hai elaborato per ricostruire un pezzo di storia o di letteratura prodotto dall’umanità che ti ha preceduto.

Non lo so se sia sempre stato così il mondo del lavoro. Io pensavo che fosse un’eccezione, tra l’altro fighissima: esperto nella lettura di codici medioevali adesso fa il cantautore. "Figo dai, ha cambiato strada, ma gli è andata benone!".
Però adesso che ci sono dentro non mi suona poi così figo che una studiosa che ha fatto l’edizione critica di papiri greci di età ellenistica, si divida tra un mese di insegnamento all’anno e un tirocinio non pagato in selezioni del personale in un’azienda.
Forse è vero che con le nostre tesi non abbiamo salvato il mondo, ma abbiamo riflettuto con passione e professionalità su questioni fondamentali del pensiero dell’uomo, se solo avessimo anche potuto condividerle con il resto della nazione avremmo potuto dimostrare il perché di tanto amore per i nostri manuali.

Questo lo penso quando sento le umilianti affermazioni di quelli che parlano di sciocchezze cercando di spiegarci la disoccupazione in Italia.
Io capisco che ci siano problemi economici gravissimi, capisco che risolvere questi problemi sia davvero complesso, però perché accanirsi contro chi ha investito tutte le proprie forze in una formazione che adesso non è più funzionale al mercato?
Se, finita la salita, ci siamo accorti che i profili professionali dei laureati in materie umanistiche non sono funzionali al mercato del lavoro italiano contemporaneo, e ci rendiamo conto che la salita non è finita ma in verità ricomincia più ripida, se tanti, con umiltà, accettano la sconfitta e declinano in altra maniera le competenze sviluppate, dopo tanta fatica e tanta elasticità mentale non fa proprio piacere sentirsi definiti poveri ingenui mammoni che credono nel posto fisso vicino a casa dei familiari. Perché se il mercato del lavoro è cambiato negli ultimi 10 anni non dipende da chi in quegli anni si stava formando, ma da quelli che si occupano delle politiche lavorative...


uff
Il punto è che ci sono troppi ragazzi istruiti in giro, roba insolita per l’Italia, paese storicamente abitato da scimmie analfabete... no?

Se potessi interagire una volta con un ministro che dice sciocchezze sui miei coetanei laureati, dopo avergli fatto vedere lo scaffale del precario gli direi anche:
La neve è finita, possiamo parlare dell’articolo 18, adesso, e dei contratti di lavoro?



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