25 luglio 2012

Doktorandin senza frontiere – la versione accademica di jeux sans frontière


C’è chi pensa che la vita del ricercatore universitario di antichistica sia di una noia mortale, una vita passata chiuso in buie biblioteche, lontano dal contatto umano e connotata da scarsa attitudine allo sforzo fisico.
E lo pensiamo anche noi stessi ricercatori di antichistica, così tanto che solo quando raccontiamo alcuni aneddoti del nostro lavoro ci rendiamo conto che alles ist anders. La verità è tutta un’altra storia.

 
A causa dell’antichità del materiale che studio, gran parte di ciò che mi serve per lavorare sta nei libri, nel senso che non ci sono molte pubblicazioni in digitale, o, in genere, se una rivista che devo consultare è stata messa on-line da un certo anno in poi, per la legge di Murphy che è valida più che mai in questo campo, a me serve sempre l’ultimo numero cartaceo prima del digitale.
Oppure è possibile che, data la mia età, io non sia al corrente della digitalizzazione di tanto materiale che continuo a fotocopiare, mentre magari giovani nerd-grecisti scaricano intere monografie da youtube, direttamente lette da qualcuno, senza alzare il sedere dalla sedia.
Ma anche se fosse così, preferisco il mio arcaico stile di ricerca, perché ti capita davvero di tutto quando sei in fase: raccolta del materiale.
La fase raccolta del materiale richiede una grande prestanza fisica ed una solida resistenza psichica. Caratteristiche fondamentali per reggere i chilometri che percorri, a volte ad altissime velocità, e per relazionarti con i soggetti più diversi, gran parte di questi già pazzi, autistici, isterici.
Le giornate in cui programmo le mie escursioni per la ricerca del materiale, nel mio caso trattasi di banali fotocopie!, sono tutte accompagnate dalla sigla di giochi senza frontiere.
È più forte di me, all’idea di fare quello che devo fare... cominciano le note di...

In una normale mattina di ricerca bibliografica alla Sapienza (Roma), se tutto va discretamente liscio ti succede che:
Arrivi alle 9.25 perché le biblioteche di facoltà rimangono aperte solo 3 ore al giorno, quindi siamo tutti in pool-position all’apertura per iniziare il nostro bibliotour alla velocità della luce, perché gli imprevisti superano sempre la tua più grande fantasia.
In genere accade che la biblioteca apra con qualche minuto di ritardo, ed in genere sei già in fila dietro qualcuno, che, come si fa per le poste, ha pensato di dormire davanti alla biblioteca per essere il primo (questi sono i tesisti ad una settimana dalla consegna, però).
Poi accade che stai consultando una raccolta enciclopedica di 20 volumi che le diverse biblioteche della Sapienza si sono spartite, allora i primi numeri sono da una parte, il resto in altre biblioteche vicine e lontane.
Pazienza, cominciamo dai primi, gli altri poi si vede.
  • signorina, mi dispiace, ma proprio oggi, nella stanza in cui è conservata la sua enciclopedia stanno facendo esami, e non si può accedervi per i prossimi due giorni.
Dopo la risata isterica, io in genere dico di avere una malattia mortale e che prima di morire voglio consegnare la tesi, mi serve solo quel libro che sta dietro quella porta infame, e Lei, bibliotecaria, non vorrà certo non esaudire l’ultimo desiderio di una in fin di vita!
Sembra sempre che mi facciano un piacere quando vengo in possesso di quanto mi serve.
Step due: le fotocopie.
Piccolo privilegio di noi dottorandi: c’è una stanza in cui possiamo fare le fotocopie aggratis.
Per aver accesso al sacro regno della carta e dell’inchiostro bisogna però chiedere le chiavi ad un segretario, che sembra sempre che ti stia facendo un favore quando ti lascia accedere al regno...
che l’ultima volta era senza luce.
Lo stanzino è senza finestre, quindi bisognava leggere il libro in corridoio, trovare le pagine, segnarle in qualche modo oppure imparare il braille e poi fare le fotocopie al buio.
Step 3: gli altri volumi si trovano nella biblioteca di fronte, al cui accesso arrivi però già dopo un paio d’ore.
Oh no, tra poco scatta la risposta della bibliotecaria: ‘sì, potrei darti il libro ma tra un po' manca mezz’ora prima della chiusura’.
(per i bibliotecari già le 12.15 sono motivo di agitazione, in vista della chiusura alle ore 13).
La storia della malattia funziona sempre, mi danno il libro, ma qualcosa è cambiato nel tragitto tra la biblioteca nuova e la stanza delle fotocopie. Orde di studenti sdraiati per terra per i corridoi.
Una protesta contro il rincaro delle tasse?
azz, ci sono esami, oggi, in facoltà.
Allora, la strada per la stanza del tesoro diventa una corsa ad ostacoli... perché: corri, alessia, corri! In tutto questo ti è rimasta solo mezz’ora per superare il percorso, chiedere le chiavi, accedere allo stanzino buio, fare le fotocopie al buio, riportare chiavi al segretario e libro in biblioteca.

Alle ore 13, se sei riuscita a fare le fotocopie previste per quella giornata ti senti una dèa e vorresti solo stapparti una birra per brindare alle tue capacità di sopravvivenza.

Vuoi però che in tutto questo chaos, nello spoglio di questa enciclopedia di 20 volumi, avendo fatto le fotocopie al buio, non sia saltata qualche pagina?
Quando capita di aver saltato anche solo l’ultima pagina di qualcosa che gli serva, il ricercatore entra subito nel panico pensando che: ‘cazzo lo sapevo, quella era una pagina fondamentale’.
Poco conta il fatto che magari fosse la pagina dei ringraziamenti, o l’ultimo rigo di bibliografia.
Non ce l’hai, quindi ERA FONDAMENTALE.

Accade quindi che nella trasferta berlinese, dopo la messa a punto del materiale, mi vengano a mancare 3 misere pagine, su circa 400 raccolte nei mesi romani.
Che sarà mai, con tutte le biblioteche di Berlino, sarà un attimo recuperarle.

La mattina della raccolta delle fotocopie riparte la sigla di giochi senza frontiere...

Dopo le prime ore di studio, c’è il pranzo con il prof. schizzato che proprio oggi, chissà perché!, da di matto raccontando aneddoti assurdi della sua vita che però, ai miei occhi, lo riportano sul piano della realtà. La cosa mi fa solo sorridere, immagino sempre i prof. come entità extraumane al di sopra di qualunque bisogno terrestre, solo a volte mi ricordo che anche loro vanno al bagno e si incazzano.
Dopo il momento verità, decido che è il momento x, si parte in missione fotocopie.
Step uno: l’enciclopedia non è nella biblioteca in cui studio, ma in un edificio a fianco.
Cerco una pianta della città universitaria della Freie e trovo la strada.
Parto con ombrello, zaino e soldi.
L’ombrello torna funzionale alla prima breve tempesta che becco, normale il 19 luglio a Berlino!
Ach so!
Accedo all’edificio.
Lascia lo zaino fuori, porta i soldi.
Comunica con il tedesco all’ingresso. Sacro santa mimica facciale che in Italia mi serve solo a farmi prendere in giro, in Germania diventa forma principale di comunicazione. Qualunque cosa io abbia realmente detto in quella specie di creolo tedesco che parlo, il mio interlocutore risponde alla mia richiesta.
Oh, jesus, ha capito, mi aiuta.
Trovato il libro: posso fare le fotocopie?
No, troppo complicato, mi servono una serie di certificazioni che solo a spiegarmelo si è stancato.
  • Fai con lo scanner! – Yeah, dove sta?
Sali, scendi, gira, sali, porta n... ecco la stanza.
Fatta amicizia con il mezzo tecnologico, scannerizzo e me lo spedisco per posta.
Gli dèi siano ringraziati.
Adesso mi serve quest’altro volume, dove sta?
  • Oh, non c’è, però lo trovi in queste altre due biblioteche.
Dove si trovano?
  • una sta a circa 30 minuti di cammino, attraversi un parco, dopo il lago a destra... seconda stella a sinistra...
va beh, l’altra, scusa?
  • In fondo alla via principale, te la cavi con 15 minuti di strada.
15 minuti salvo che non mi colga la pioggia.
Raggiunta la meta. Lascia lo zaino al guardaroba, prendi i soldi, comincia a cercare dove stanno i libri.
Punto informazioni al primo piano:
  • oh, sì, deve andare al secondo e chiedere.
Al secondo: salve cerco questo, dove lo trovo?
  • Deve andare in fondo alla sala e chiedere di nuovo.

Jesus, in Germania hanno risolto il problema della disoccupazione con gli addetti alle informazioni!

Tra un passa parola e l’altro raggiungo il libro!
E adesso: kann ich kopieren?
  • Na klar, ma devi prendere una tessera. – dove? – Facile: scendi, gira, sali, a destra... seconda stella a...
Lo trovo comunque.
C’è un tipo tedesco con poca voglia di comunicare, ma non ci sono cazzi, io non capisco cosa cerca di vendermi e mi faccio spiegare 3 volte come cavolo faccio per fare delle fotocopie.
Fine della storia, lo costringo a ripetere: langsam! E concludiamo che devo lasciare il documento di identità, lui mi presta una carta che si mette sulla macchina fotocopiatrice e poi faccio come mi pare.
Torno a fare il mio dovere, ripongo il libro, torno da lui per pagare, lo ringrazio e gli dico:
oh, grazie, certo che sto tedesco è proprio difficile... eh? ;)
(sorridi, cakkio di tedesco serio, sorridi!!! vago per biblioteche ed addetti alle informazioni da un’ora, non fare l’antipatico, rispetta una che si sforza di parlare con te)
Impossibile strappare una qualche forma di espressione facciale ad un teutonico. -.-

Mentre attraverso il parco che separa l’ultima biblioteca da quella in cui studiavo la mattina, riprende il diluvio.
Raggiungo il posto in cui studiavo, spunta il sole splendente dalla finestra.
Unico desiderio sarebbe adesso di stappare una birra per brindare a me stessa, ma sono ancora soltanto le 15 e mi rimetto a studiare, a questo giro mi sembra una cosa così riposante...

3 commenti:

claudia ha detto...

ohiohi mi dispiace per i tuoi inconvenienti ma in fondo mi consola che anche nella efficientissima germania si vivano queste situazioni..
devo però dir la verità, la cosa che più mi ha stupito è che...
alla sapienza non pagate le fotocopie??!!??? :))
(conservo ancora il pacco delle tesserine esaurite che ci sono volute per la mia tesi!!)
un abbraccio
la fiordy

Anonimo ha detto...

ups.. ho riletto bene.. privilegio di voi dottorandi.. :D

azad ha detto...

io ho una certezza: quando si tratta di fare fotocopie, tutto il mondo è paese.
alla fine però, un diversivo ogni 8 ore di biblioteca non è poi così grave :D