8 agosto 2012

Die Angst - la paura


ovvero, istruzioni per quando la paura è l’unico consiglio che ti viene dato.

“Ponsiponsibobobò, vuoi vincere facile?”
Non è decisamente il motto della mia vita.


Dopo i simpatici fatti raccontati qui, i miei rapporti con la microcriminalità, non tanto bene organizzata, non sono finiti.

Si può dire che tutto è continuato dalla fine della mia conversazione con il microcriminale:
-        lui vuole sapere se tu hai un uomo.
Tradusse così Estera che faceva da mediatrice linguistica.
Con ironia e leggerezza risi pensando che voleva farmi qualche proposta di matrimonio come tante volte mi era successo con i Rom conosciuti a Roma.
Non avrei mai potuto immaginare che quella domanda mi sarebbe stata fatta ripetutamente nei giorni avvenire...

Rispondo con ironia, e lascio perdere.
Esco di sera. Era sabato.
Torno all’alba. Un po’ perché era sempre sabato, un po’ perché avevo un brutto presentimento e volevo tornare a casa con la luce.
Il presentimento che mi fa tornare a casa alle 5 mi spinge anche a controllare la cassetta delle lettere... che poi, quale postino lascia qualcosa la domenica mattina all’alba?
Presentimento, appunto...

il postino stavolta ha giocato sporco ed invece di una bella lettera, ha messo nella cassetta delle lettere:

(ponsiponsibobobò)

un bellissimo coltello affilato ed appuntito

che cade a terra quando apro la casetta.

Stop.

Qui mi fermo a raccontare ed apro una riflessione, che è quella che feci quella domenica mattina.
c’è un coltello affilato nella mia cassetta delle lettere, cosa ci faccio?
È caduto a terra, lo devo prendere?

Non sono domande da niente, attenzione...

è una potenziale arma, ma è anche un reale avvertimento.
Se lo voglio usare per una denuncia lo devo prendere con un guanto e conservarlo per le impronte digitali; se non lo voglio toccare, rimane a terra a portata di chi entra ed esce dal palazzo, ma anche dei bambini che giocano sempre lì. Se lo prendo e lo butto non potrò fare denunce.
Intanto è domenica mattina, che faccio?

… ha vinto la codardia e la stanchezza, l’ho lasciato a terra. Sperando che fungesse da avviso per i residenti del palazzo.

Sono andata a dormire.
A cosa ho pensato?
Al coltello?
No, nell’immediato ho pensato che avevo un sonno tremendo e che avevo bisogno di dormire.
Volevo avere paura, giuro, ma avevo troppo sonno.

Alle 9 e 00 però mi sveglio attiva, riposata e adrenalinica, e parte l’analisi della situazione.

Riflessione n.2
cosa sì fa quando si trova un coltello nella propria cassetta delle lettere?
Sono cose che io ho sempre visto nei film di mafia: gli avvertimenti, le minacce.
Quando non vuoi pagare il pizzo o quando minacci di denunciare qualcuno.
… uao, in che storia losca sono finita!

Ma i realtà c’era poco di cinematografico. Era un avvertimento da parte di un ragazzino rumeno che sebbene avesse ceduto alla restituzione di un oggetto a me sottratto, ci teneva a sottolineare che:
Hei, sei una donna sola, puoi anche fare casino per ottenere quello che ti rubo, ma io ti posso fare comunque paura.

Forse non ha pensato esattamente questo quando ha aperto il mobile delle stoviglie, scelto per me il migliore dei coltelli e lo ha riposto con stima nella mia cassetta delle lettere...
(ed io che speravo di trovare lettere d’amore...)
Forse non ha pensato ad una vendetta etica di tale altezza, ma più o meno il messaggio era chiaro.

Adesso, il criminale aveva circa 15 anni meno di me.
Potevo davvero avere paura? no.
Ma cosa potevo avere allora?

La mia prima reazione è stata:
comunica a più gente possibile l’accaduto... e chiedi consiglio.

Parte una mattina all’insegna di telefonate, mail e skypate con 3 nazioni d’europa:
italia, francia e germania.
Consulto la mia coinquilina in francia, un amico in italia, ed alcuni amici italiani e tedeschi a berlino.
La prima domanda di tutti è stata:
‘Hai paura, vero? Non devi averne!’
-        no, veramente adesso subito non ho paura, voglio solo capire che strategia usare..
‘Ma come era il coltello?’
(la prima volta che mi hanno fatto sta domanda, la quale è stata ricorrentissima, ho pensato che fosse una domanda idiota... invece l’amico tedesco mi ha illuminata: certo c’è differenza se ti “regalano” un coltello per spalmare il burro o uno per tagliare la carne.
-        ach so! Adesso è chiaro. Era il coltello per tagliare, senza dubbio)
E poi tutti hanno provveduto a ricordarmi:
‘Ma sei sola, vero?’
Questa domanda è stata declinata in tutti i modi.
La mia coinquilina, che era in Francia, me lo ha chiesto per dire: perché non inviti qualcuno a casa, visto che sei sola?
Amici italiani intendendo: ma perché in un mese intero a Berlino non ti sei rimorchiata uno da portarti a casa?
I turchi del negozio sotto casa hanno declinato la domanda nel classico modo: sei una donna senza uomo? Devi aver avuto molta paura... Non ti preoccupare, non possono farti niente, l’importante è che la sera, quando torni a casa dopo il lavoro, ti chiudi dentro a chiave, e vedrai che non ti accadrà nulla.

Devo dire che i Turchi del negozio sotto casa si sono dimostrati molto disponibili e comprensivi, e mi sa che con la storia della donna sola mi volevano appioppare il figlio che lavora da loro e che da quel giorno cominciò a salutarmi con molto riguardo ed a sgridare sempre bambini che facevano casino quando io passavo.
Però, cari Turchi, non ci siamo, non era questo il consiglio che cercavo.
Che strategia uso, che risposta do?

Se avessi saputo dove abitava il ragazzo appassionato di posate, gli avrei restituito il favore rimettendogli il coltello nella sua cassetta, ma non sapevo dove abitasse lui.

Allora ho parlato anche con il capo dei rumeni, e lui mi ha assicurato incolumità fisica fino alle 22, orario in cui lui fa la guardia al palazzo rimanendo davanti al portone.
-        Dopo le 22 giuro che chiudo il portone, tanto questo ragazzo (che tutti facevamo finta di non sapere chi fosse ma nominavamo sempre con l’articolo determinativo...) non abita in questo palazzo.
Interessante.

E se io dovessi tornare a casa dopo le 22, e questo, per esempio, chiama qualche amico e aspetta davanti al portone, io che faccio, ti citofono?

Ah, già... la solita storia.
Vedi di trovarti un uomo, ti fai accompagnare a casa, e tutto è risolto.



-        lui vuole sapere se tu hai un uomo.

È qui lo scontro di civiltà.
Fastidioso pensare che una donna difenda un suo diritto, ma inconcepibile che lo difenda se non ha un uomo.
Come glielo spieghi all’ Al Capone rumeno di 15 anni che, nonostante tutto, in Italia puoi essere una donna sola e totalmente indipendente? Come glielo spieghi che è inconcepibile per te al contrario credere che una donna debba essere costretta a pensare di avere la necessità di un uomo, altrimenti rischia minacce... psicologiche (se vogliamo chiamarle così).

Ecco, io non gliel’ho spiegato.

Ho parlato quella settimana con tutti, capi rumeni, turchi e pure arabi, con i bambini del palazzo e con i ragazzini. Ho invitato a cena ogni sera amici italiani e tedeschi, ho fatto vedere che non ero sola come pensava lui...
Lui l’ho visto la domenica sera stessa tornando a casa, era tardi, lui era davanti al portone del palazzo con altri 10 ragazzi, io ero con 4 amici, si sono messi tutti davanti al portone, ed io per salire a casa ho dovuto passare tra loro. L’ho cercato con lo sguardo, volevo guardarlo in faccia, e lui si è girato.
Ma io quella sera non ero sola, e nemmeno lui.
E se fosse ricapitato? Magari tra 3-4 settimane?
Dovevo tornare tutte le sere accompagnata per non avere l’ansia di subire minacce psicologiche?

Ecco, la vostra madre courage, dopo aver affrontato, a suo avviso, brillantemente questo curioso scontro di civiltà, ha deciso che non voleva fare madre Teresa di Calcutta, ha deciso che da sola non si possono portare avanti lotte per l’indipendenza, né tanto meno tra persone di cultura ed istruzioni tanto diversa dalla sua. Ha deciso che c’aveva da lavorà e c’aveva troppo da fa pe pensà ai Rom, al maschilismo, ed all’offesa arrecatale.
Perciò, sebbene si sia preoccupata di avvisare tutti gli abitanti del palazzo dell’offesa subita, e sebbene non abbia mai mostrato (né realmente provato) quella paura che in tanti le avevano intimato di avere, dopo una settimana, vi scrive questo post dalla sua nuova casa a f’shein dove continua a vivere da sola e non ha bisogno di giustificare con nessuno la propria solitudine, soprattutto perché non ha assolutamente bisogno che qualcun altro da qualsiasi altro angolo infognato del mondo venga a ricordarle che … non ha un uomo.
(no, questo mi rode proprio... cioè, già mi basta mia madre che mi ricorda ogni giorno che non c’ho l’omo, mò pure i regazzini Rumeni... no, eh!!)

Sono molto seccata e la trovo un’occasione mancata per me e per loro.
Per un mese sono stata l’unica non-rumena e non-turca nel mio palazzo. Ero io la minoranza. E dopo un mese me ne sono andata.
Forse sono stata poco diplomatica, forse poco paziente, forse non ho preso le giuste misure di sicurezza per entrare in contatto con la curiosa popolazione del mio palazzo.
Ma sto lavorando tanto e sono tanto stanca...

Sul citofono del mio nuovo palazzo ci sono solo cognomi tedeschi... che noia :)

Ponsiponsibobobò


Quando mi succedono queste cose mi chiedo sempre se nel CV l´espressione:
esperienze all´estero, riescano davvero a rendere l´idea del culo che uno si fa ogni volta che mette piede fuori casa… non essendo figlio di nobili proprietari di petroliere…


3 commenti:

askalitsis ha detto...

Bellissimo post. Tieni duro, Alessia, sei fortissima!!

azad ha detto...

sí resisto, a ben due quartiere di distanza dal bronx... non so quanto mi si possa definire forte :)
complimenti per il blog! son felice di saperti sul web! un abbraccio forte, e cmq a berlino manchi tu!

Anonimo ha detto...

Mi sa che sta volta passo...niente Berlino. Stammi benissimo